È indubbio che il trasporto su ferro sia la forma più evoluta anche del trasporto elettrico e che la mobilità pubblica, soprattutto all’interno di una nazione, sia dettata da un sistema ferroviario ad alta velocità che possa collegare in poco tempo le più importanti città.

La recente e definitiva separazione tra infrastruttura rotabile e compagnia ferroviaria ha innestato un cambiamento radicale dei trasporti su ferro con la nascita di operatori regionali nelle aree più ricche del paese che stanno promuovendo un’offerta di trasferimenti veloci e diretti tra città di interesse dove la massa critica economica è in grado di mantenere e finanziarsi tali trasporti. Sulle direttrici nazionali di asse già vi concorrono Italo e Trenitalia sulle infrastrutture dedicate all’alta velocità di proprietà di RFI spa (rete ferroviaria italiana Spa) e già vedo un pericolo di base di vedere una guerra simile a quella dei cieli che qualche decennio fa ha portato allo scontro e poi alla reciproca scomparsa di AIRONE e ALITALIA. La separazione tra infrastruttura e operatore statale porta una choc gestionale che non va sottovalutato.

È pur vero che al momento sia RFI spa che Trenitalia sono al 100% di proprietà della holding Ferrovie dello Stato Italiane e che quindi sono qualificabili come organismo di diritto pubblico ma i continui investimenti di Trenitalia fuori confine, da ultimo con 1miliardo di euro investiti per treni ad alta capacità per collegare Londra-Parigi lasciano una serie di riflessioni sul tappeto che val la pena snocciolare.

Snaturamento della società TRENITALIA spa che nel momento in cui ambisce a divenire un operatore europeo di collegamenti su ferro ad alta velocità si dovrà aprire giocoforza alle leggi del mercato e quindi gli investimenti maggiori andranno su quelle tratte che rendono in termini di introiti e prestigio. Non è difficile pensare che si utilizzeranno almeno i treni migliori sulla Parigi – Londra piuttosto che sulla Bologna-Ancona o la Napoli-Bari. Questo porterà a dover ragionare su come coprire le aree a “fallimento di mercato” che in uno scenario di concorrenza europeo vedono impoverite anche tratte che prima potevano essere di grande interesse. Qui sicuramente si ragionerà anche di azzeramento di fermate intermedie. L’attuale Alta velocità, ad esempio, che copre la tratta Roma-Venezia probabilmente vedrà cancellare, solo per fare qualche esempio, fermate intermedie come Padova per dare quei record point to point tra stazione principale di arrivo e partenza.

Sono considerazioni che poi porteranno anche il proprietario della infrastruttura ad essere influenzato dal valore di mercato dei collegamenti rotabili che verranno ad essere creati ed offerti agli operatori. Difficile che verranno create dorsali ad alta velocità che possano collegare tra loro almeno i capoluoghi di regione delle città diciamo non primarie. Sarà difficile vedere un collegamento alta velocità ad esempio tra Perugia-Ancona, piuttosto che Napoli-Campobasso o ancora Potenza-Napoli. Ed invece si assisterà ad una concentrazione di operatori ed al conseguente stress delle infrastrutture di alta velocità sulle classiche direttrice ROMA-MILANO con sempre meno fermate intermedie.

L’eccessivo stress da trasporto che condurrà ad una sempre maggiore frequenza di ritardi e disservizi dovuti al “traffico” per una infrastruttura che, quando è stata pensata era dedicata ad un unico vettore strategico condurrà alla necessità di dover concentrare gli investimenti anche di manutenzione ed ampliamento alle tratte redditizie. Il trasporto su ferro non è quello aereo che ha infrastrutture leggere per cui la liberalizzazione dei trasporti va ponderata con una chiara “golden share” sul tipo di servizio che si vuole incentivare e la logica di fondo che deve permeare il trasporto passeggeri in Italia dovrebbe rimanere il servizio di collegamento veloce tra le città italiane principali per non vederle desertificate in meno di un decennio.

Giorgio Fazio

Treni ad alta velocità o alta criticità di Giorgio Fazio articolo pubblicato su LETTERA63.IT diretta da Giuseppe Incarnato

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