Il lavoro da remoto non è più un esperimento d’emergenza, ma una pratica sempre più diffusa che si consolida nel modello organizzativo delle imprese italiane. Sempre più aziende stanno adottando lo smart working su base settimanale completa, puntando non solo alla flessibilità, ma anche alla produttività, al benessere dei dipendenti e alla sostenibilità ambientale.
Questa tendenza è supportata dai dati dell’Osservatorio ASUS 2025, secondo cui il 91% delle PMI italiane ha già adottato almeno una misura di sostenibilità informatica. In parallelo, il lavoro agile contribuisce a ridurre l’impatto ambientale, abbassare i costi operativi e migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e privata.
I vantaggi concreti del lavoro da remoto per imprese e dipendenti
Le aziende che adottano lo smart working in modo strutturato rilevano un incremento della produttività e una maggiore fidelizzazione dei talenti. I dipendenti, a loro volta, beneficiano di una gestione più equilibrata del tempo, con un impatto positivo su motivazione e performance. In alcuni casi, l’ottimizzazione dei costi consente agli imprenditori di erogare bonus e incentivi che rafforzano il legame con il team e riducono il turnover.
Lavorare da casa riduce inoltre l’uso delle infrastrutture aziendali, come server, PC e dispositivi elettronici, con un impatto positivo sul consumo energetico e sull’inquinamento digitale. La combinazione tra lavoro agile e tecnologie più sostenibili si traduce così in un modello operativo più efficiente e responsabile.
Il digitale consuma (troppo), ma le PMI cambiano rotta
La ricerca condotta da ASUS in collaborazione con Research Dogma, su oltre 400 responsabili IT, evidenzia come le imprese stiano rivedendo le proprie dotazioni tecnologiche in chiave green. Oltre il 74% ha investito in tecnologie per ridurre il consumo energetico, mentre due PMI su tre hanno avviato programmi di recupero e riciclo dell’hardware.
Cresce anche la consapevolezza nella scelta dei fornitori: il 90% delle imprese considera essenziale l’efficienza energetica certificata, mentre l’84% privilegia vendor che gestiscono il ritiro e riciclo dei dispositivi dismessi. L’attenzione si estende anche ai materiali: l’81% chiede imballaggi e componenti interamente riciclabili.
Il gap di competenze green nel digitale
Nonostante la volontà, solo il 30% delle PMI è in grado di interpretare e applicare correttamente le certificazioni ambientali come Energy Star, TCO o EPEAT. La frammentazione degli standard e la scarsa preparazione tecnica nei reparti IT delle piccole imprese restano barriere significative alla trasformazione sostenibile.
Anche il fine vita dei dispositivi è un nodo critico: solo una PMI su tre si affida a canali ufficiali per il riciclo. Il resto si divide tra donazioni ai dipendenti, smaltimento tramite aziende esterne o programmi interni di riuso, spesso non strutturati.
ASUS: sostenibilità come standard strategico
“Le PMI italiane vogliono essere protagoniste attive del cambiamento sostenibile, ma hanno bisogno di partner solidi”, afferma Massimo Merici, System Business Group Director di ASUS Italia. “La tecnologia deve essere parte della soluzione, non del problema: è per questo che ASUS offre dispositivi efficienti, duraturi e progettati per accompagnare la transizione digitale con responsabilità ambientale”.
Verso un modello vincente
Nel contesto post-pandemico, l’integrazione tra smart working, sostenibilità digitale e benessere organizzativo si configura come una leva strategica. Per le PMI italiane, si tratta non solo di una questione di responsabilità, ma di competitività, efficienza e attrattività sul mercato.
