Negli ultimi giorni, alcune pronunce dei tribunali statunitensi hanno sollevato dubbi sulla legalità dei dazi imposti dall’Amministrazione Trump attraverso l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA). In particolare, la US Court of International Trade, il 28 maggio, ha annullato una serie di tariffe doganali applicate a importazioni da Canada, Messico e Cina, introdotte formalmente per contrastare il traffico di fentanyl. Anche un ordine esecutivo del 2 aprile, che imponeva dazi generalizzati, è stato invalidato.

Il giorno successivo, la US District Court for the District of Columbia ha confermato, in una causa distinta, che la normativa in questione non autorizza l’uso dei dazi come strumento economico. Tuttavia, la vicenda giudiziaria è ancora aperta: il 29 maggio la Corte d’Appello Federale ha sospeso temporaneamente l’annullamento, lasciando in vigore le tariffe in attesa di una decisione definitiva sul ricorso presentato dal governo.

Limiti e margini di manovra per Washington

È importante sottolineare che queste decisioni non toccano altri regimi tariffari consolidati, come quelli introdotti ai sensi della Sezione 232 del Trade Expansion Act (per acciaio, alluminio e auto) o della Sezione 301 del Trade Act (contro la Cina). Anche qualora l’IEEPA venisse esclusa come base giuridica, l’Amministrazione USA dispone di altri strumenti legali per reintrodurre misure simili.

Rischi e opportunità per le imprese italiane

Nel frattempo, diverse multinazionali italiane stanno rivedendo l’impatto dei dazi statunitensi sulle proprie catene di fornitura. In molti casi, emerge una carenza di strategie strutturate per la mitigazione dei costi doganali. Una delle prime azioni consigliabili è l’utilizzo corretto degli Incoterms, optando per clausole che trasferiscano la responsabilità del pagamento dei dazi all’importatore statunitense.

Oltre alla gestione contrattuale, è essenziale che le imprese italiane rivalutino attentamente la classificazione doganale delle merci e le modalità di determinazione del valore in dogana. Errori in queste fasi possono comportare aggravi di costo e sanzioni in un contesto di controlli sempre più stringenti.

Approcci strategici: ottimizzare l’origine e il valore doganale

Tra le soluzioni più efficaci figura l’utilizzo dell’accordo USMCA: stabilendo parte della produzione in Canada o Messico e rispettando le regole di origine, le aziende italiane possono esportare negli USA con esenzione daziaria. Un’altra strategia consiste nell’importare negli USA beni non finiti e completare il montaggio o il collaudo localmente, riducendo così il valore doganale e i dazi associati.

Infine, per chi esporta temporaneamente o produce in territorio statunitense, esistono strumenti come le Foreign Trade Zones o i programmi di duty drawback, che permettono la sospensione o il rimborso dei dazi in caso di riesportazione.

Verso un regime commerciale strutturalmente instabile

L’incertezza sulle regole del commercio con gli Stati Uniti è destinata a persistere, indipendentemente dall’esito delle singole controversie giudiziarie. Le tariffe sono ormai un elemento stabile – seppur mutevole – della politica commerciale americana. In questo contesto, le imprese italiane che adotteranno strategie proattive e flessibili saranno le meglio attrezzate per gestire il rischio doganale e consolidare la propria competitività sul mercato nordamericano.

Dazi USA: nuove sentenze giudiziarie aprono scenari incerti ma non rivoluzionari

Lascia un commento